Torino

 

Un pò di storia

 

Un ambiente fittamente boscato, rifugio di animali pericolosi, poco sicuro per chi si avventurasse, ma anche di forte impatto visivo nel contrasto tra la copertura forestale e la pianura antropizzata; queste dovevano essere probabilmente le impressioni di un viandante medioevale di fronte al paesaggio della collina; ciò le valse l’appellativo di Montagna di Torino.

L’uso della collina come appendice residenziale della città inizia nel 1500 e si intensifica tra Sei e Settecento. Le attrattive del paesaggio, il ruolo di rifugio risparmiato dalle pestilenze e il clima più fresco in estate, convinse i nobili e ricchi piemontesi a costruirsi ville collinari.

Ad esse venne attribuito il nome di Vigne, che ben rappresentava la duplice funzione di luogo di villeggiatura e fonte di reddito agrario nella coltivazione della vite, oltre che di frutta, ortaggi e cereali. I nobili, obbligati dalla corte a essere sempre presenti in città per le cure di governo, inventano la moda della villeggiatura in Vigna. Più tardi ne seguirono l’esempio i ricchi borghesi interessati ai redditi delle proprietà collinari che nel ‘700 beneficiarono dell’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli.

Alla fine del 1700 sulla collina di Torino sono segnalate quasi 400 Vigne. Il fenomeno della residenza in villa comporta una trasformazione del paesaggio collinare. La distribuzione delle Vigne è strettamente legata a un buon soleggiamento, una vista panoramica e alla conformazione del terreno. L’attuale distribuzione delle strade e dei sentieri ricalca le storiche vie di transito che collegano tra di loro le vigne e i possedimenti agricoli.

La copertura boschiva della collina torinese è costituita da querceti (rovere e roverella) e castagneti; boschi misti di querce, acero, tiglio, faggio, carpino e tra gli arbusti, biancospino e nocciolo; zone più fresche e umide con vegetazione igrofila, come l’ontano; zone abbandonate dall’uomo con specie di invasione come il rovo e rampicanti come l’edera e la vitalba. Un cenno a parte merita la robinia, importata dal Nord America e introdotta dopo gli smottamenti dovuti all’alluvione del 1750 che, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale ha invaso le zone abbandonate e i boschi di castagno. Nei versanti a nord crescono localmente la farnia e il faggio. Nei freschi versanti nord-occidentali si trovano il giglio martagone, il mughetto, il mirtillo e il rododendro. 

Spostando la nostra attenzione alla fauna, passeggiando nei boschi possiamo osservare rapaci diurni come la poiana, il nibbio, il gheppio, i picchi, verde e rosso, l’upupa, piccoli passeriformi come cince, pettirossi, fringuelli e merli. Tra i mammiferi si trovano faine, tassi, volpi, scoiattoli. Il cinghiale è ormai presente anche nelle vicinanze dei centri abitati. Anfibi, come rane e rospi, e rettili(biacco, colubro di Esculapio e lucertole) sono avvistabili. 

Poche città vantano come Torino; itinerari escursionistici a meno di due chilometri dal centro; offrono durante tali passeggiate, una varietà di testimonianze storiche e culturali paragonabile a quelle presenti in un itinerario cittadino. Le costruzioni sono generalmente sobrie, a pianta rettangolare, con una disposizione regolare delle aperture. Perlopiù sono do origine Sei-Settecentesca, il periodo d’oro delle Ville collinari, anche se possono aver subito rimaneggiamenti nel tempo. Alcune ville “speciali” come la Vigna di Madama Reale, oggi Villa Abegg, o la Villa della Regina, proiettate all’esterno della città appartenevano rispettivamente alla Duchessa Maria Cristina di Francia e al Cardinal Maurizio di Savoia.Verdana.

Un discorso a parte vale per la Basilica di Superga. Sagoma inconfondibile nel profilo della collina è, secondo la tradizione, la conseguenza di un voto fatto dal re Vittorio Amedeo II prima della decisiva battaglia contro i Francesi che assediavano Torino nel 1706. In realtà rappresenta il segno celebrativo di una monarchia che si consolidava proprio in quegli anni. Fu progettata da Filippo Juvarra con grande attenzione agli aspetti scenografici e con l’intento di farne un preciso punto di riferimento visivo nel disegno della città, come avverrà con il progetto del Castello di Rivoli e della Palazzina di Caccia di Stupinigi, dello stesso architetto. I lavori iniziarono nel 1717 e si conclusero nel 1731.